
Milano ha trattenuto il respiro. Nella Pinacoteca di Brera, luogo intriso di arte e memoria, è andata in scena l’ultima collezione a cui Giorgio Armani ha lavorato personalmente: la Donna Primavera/Estate 2026. Un appuntamento che non è stato soltanto moda, ma un atto d’amore, un testamento di stile, la chiusura poetica di un ciclo che ha ridefinito per sempre l’eleganza contemporanea.
Due universi hanno guidato l’ispirazione: Milano, la città della modernità e del lavoro, e Pantelleria, l’isola selvaggia e vulcanica dove il Maestro trovava rifugio e contemplazione. Due poli opposti e complementari, come le anime della sua moda: rigore e libertà, urbanità e natura, concretezza e sogno.
Sulla passerella, tutto è apparso fluido e leggero, come sospinto dal vento mediterraneo. I tessuti scorrevano con grazia, le linee allungate abbracciavano il corpo con discrezione, trasformando la purezza in armonia tra abito e persona. La palette ha raccontato le suggestioni dell’isola e della città: neutri organici, blu profondi come il mare notturno, tocchi luminosi e vibranti che evocavano luce, terra e ricordi incisi nell’anima.
Ogni capo è stato più di un abito: un sentimento, un’emozione, una memoria. La leggerezza quasi impalpabile, che resta indelebile nella mente, ha reso chiaro il paradosso dell’eleganza armaniana: forza e delicatezza, presenza e assenza, modernità e senza tempo.
A rendere l’omaggio ancora più intimo, il sottofondo di Ludovico Einaudi al piano, mentre lanterne illuminavano la sala e in passerella sfilavano alcune delle modelle storicamente legate alla Maison, incarnazioni viventi della donna Armani.
Era impossibile non sentire Giorgio Armani in ogni dettaglio. In quel fluire silenzioso di tessuti e luce, nel rigore mai rigido, nell’eleganza che diventa emozione pura. La sua mano, discreta e ferma, sembrava ancora guidare lo spettacolo, salutando il pubblico per l’ultima volta.
Un ciclo si chiude, altri se ne apriranno. Ma una certezza rimane: lo stile di Giorgio Armani è eterno.



