Posted on: Aprile 18, 2024 Posted by: Isa Grassano Comments: 0

«Fotografare è mettere la testa, l’occhio e il cuore sullo stesso piano». Così diceva Henry Cartier-Bresson ed è quello che fa Luca Boschi, fotografo per passione, che da sempre ritiene Bresson “uno dei suoi miti assoluti”. La maggior parte del tempo lavora in una tabaccheria, a Teramo, ma nelle ore libere coltiva un amore totalizzante per la fotografia che esercita per pura arte, in maniera non profit. Da una decina d’anni vanta uno studio in cui si muovono atleti, personal trainer e “persone normali”. Sotto il suo obiettivo la forma fisica di ciascuno trova tutto il suo fulgore e le foto diventano quadri artistici. 

I muscoli vengono trasfigurati in un senso quasi epico, grazie alla sua Canon 5D Mark 3 con obiettivo 24/70: gladiatori omerici, glam e post-caravaggeschi della nostra epoca. E se fino a ieri il suo focus si è appuntato sull’universo maschile, adesso sta aprendo anche al racconto fotografico femminile. La sua opera spazia dal fitness alla moda, dal beauty al benessere psicofisico, dal glamour alle gallerie d’arte. Boschi scommette su una tecnica tutta sua, lo shadow weaving, che si basa sulla sovraimpressione di luce: partendo da una base a sfondo nero, la sovrappone alle forme del modello/a e poi ne aggiunge un’altra di tipo ancora diverso, mettendo in risalto alcune parti e in secondo piano altre. E proprio l’assenza d’illuminazione “nativa” diventa un valore aggiunto. Prendono così forma figure del tutto inedite, il viso e i corpi sono riplasmati, escono dall’oscurità e la luce veste le silhouettes come una seconda pelle. Nasce da qui il suo soprannome artistico, “The Light Architect”, con cui lo trovate su Instagram ((https://www.instagram.com/lucaboschi_thelightarchitect/). «Uso la luce per esaltare, con le ombre, i dettagli fisici o un gesto dinamico. Mi piace giocare e lavorare con più luce possibile. Nonostante le mie foto possano apparire molto scure, utilizzo almeno quattro flash».

Luca scatta sempre di sera e ripudia i filtri. Pochissima post-produzione da parte sua. Evoca e attende quell’istante perfetto tanto caro sempre a Bresson. Una logica ontologicamente analogica applicata all’era digitale. E l’intelligenza artificiale? Tutto quello che vedete scattato da lui è concepito artigianalmente, ma non la esclude per partito preso. «Lavoro tantissimo in studio, in presa diretta durante le mie sessioni – spiega -. A volte mi stupisco perché viene fuori qualcosa di completamente diverso, e magari senza nemmeno una color correction: era talmente ad hoc che l’ho lasciato così». La capacità di catturare bellezza da chi sapeva e da chi non sapeva di possederne. Non esistono difetti in natura. I suoi scatti sono di grande impatto, suggestivi e smaliziati. E su Instagram, che ha restituito centralità alla fotografia nell’immaginario collettivo, Luca Boschi conta su un piccolo esercito di followers: oltre 22 mila, e la cifra è in costante rialzo. «Pubblico le foto sul social come fossero delle collezioni permanenti di uno stilista. Installazioni artistiche, un po’ come fanno certe leggendarie case di moda. Al posto degli abiti, sfilano le mie immagini». 

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