Posted on: Giugno 25, 2025 Posted by: Redazione Comments: 0

Viviamo in un tempo in cui l’opinione si confonde con l’informazione, dove l’iper-esposizione mediatica trasforma chiunque in esperto del giorno: virologi improvvisati, analisti geopolitici istantanei, vaticanisti dell’ultima ora. In questo scenario saturo di parole e giudizi, Simon Cracker sceglie la via opposta: il silenzio della riflessione. L’approfondimento. L’attenzione minuziosa a ciò che davvero conta — i dettagli.

Nasce così la collezione Primavera/Estate 2026, sintesi di un’estetica più rigorosa, asciutta, consapevole. Una dichiarazione di intenti che passa anche attraverso la palette: bianco, écru, corda, grigio e nero, modulati in infinite sfumature attraverso tecniche di tintura, candeggio, verniciatura. Niente eccessi, se non nelle stampe allover che segnano un inedito debutto firmato Simon Cracker.

Il guardaroba si struttura come un’uniforme essenziale: square t-shirt e shorts sartoriali maschili si fanno tela neutra per mettere in luce, a ogni uscita, un solo capo e la sua unicità. I Crocs, rivisitati uno ad uno, diventano accessorio-manifesto: stessa palette, ma reinterpretati con graffiti, patch e charm Jibbitz™ customizzati.

Torna in scena l’archivio creativo del brand con capi iconici come la t-shirt siamese, la giacca lombrico e la camicia postura — esercizi di stile che incarnano l’anima upcycling del marchio: capi unici, pensati per essere riprodotti, ma mai replicabili davvero.

E sì, Simon Cracker lo ammette con ironia: questa collezione ha un che di Margieliano. Nel processo creativo riaffiorano suggestioni che evocano l’ultimo vero rivoluzionario della moda (Martin, l’uomo, non il marchio): dettagli fuori scala, vernici bianche, trompe-l’oeil, patine del tempo. Ma, soprattutto, quella visione di guardaroba fatto di codici riconoscibili, sempre identici eppure costantemente nuovi.

Un’estetica che si costruisce nella ripetizione, nella variazione consapevole, nella coerenza come forma di ribellione.

Questa collezione è dedicata a chi non guarda indietro.

Perché indietro è semplicemente la direzione sbagliata.

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